Se non mi fossi imposta una coerenza stilistica nella presentazione degli articoli mi sarebbe piaciuto aprire quest’intervista con un’immagine: un collage di titoli di giornale riportanti a grandi lettere temi e problemi legati all’ambiente. Da Greta Thunberg al petrolio nel mare della California, dagli incendi in Australia alla minaccia del nucleare nello scontro tra Russia e Ucraina.
Cosa c’entra tutto questo con l’arte? L’ arte si nutre della realtà che la circonda. La descrive, la denuncia, la omaggia o le fornisce altre possibilità.
Quella della tribù Debitum Naturae è un’arte legata a doppio filo all’ecologia, all’etologia, all’etica e alla filosofia. A doppio filo perché la produzione artistica di questo collettivo non solo spinge il suo pubblico all’approfondimento e all’azione verso queste tematiche, ma la stessa materia di cui si compongono le opere è ecologica, etologica…etica. Parliamo di arte impegnativa e impegnata.
Stringere tra le mani un teschio di cervo finemente decorato, ammirarlo, ritagliargli un posto d’onore nelle nostre case vuol dire dare la possibilità a ciò che non è più di essere ancora. Portare al collo un ciondolo ricavato dalle ossa di un animale equivale a riconoscere la preziosità di ciò a cui spesso non prestiamo attenzione: il corpo, la vita.
E’ macabro? Forse. E’ intenso? Senza ombra di dubbio.
Siamo parte di un tutto che esiste, muore e ritorna.
Siamo parte di un tutto da cui ci vediamo erroneamente slegati, come potessimo controllare realtà più grandi e potenti di noi, dal tempo alla vita.
E allora la creatività di questo gruppo di artisti e studiosi ci prende a schiaffi moralmente mettendoci tra le mani l’eternità dell’arte raccontata su prove tangibili della caducità dell’esistenza. Fugace ma potente, reale, naturale. Umana e quindi animale.

Isabel: Tutto è iniziato dall’incontro con Sirah e AfterLife…
Grim: Non del tutto. Già da bambino avevo questa passione. Ricordo che una volta, avrò avuto 9 o 10 anni, ho provato a ricostruire lo scheletro di un pollo. Ho fatto bollire il pollo intero e ci ho provato per poi rendermi conto che era un po’ troppo per le mie capacità di allora. Invece adesso qualcosina riesco a creare! Però sì, è rimasta per anni una passione non definita. Mi sono sempre occupato di marketing, ho fatto lo scrittore e il fotografo, ma questo prima di Sirah mai. Sirah è stata la prima in Italia a occuparsi di skull carving. L’ho conosciuta tramite una mia ex a cui ha insegnato il lavoro e dopo un po’ di tempo mi sono offerto di farle da centro logistico e ufficio marketing. Da quel momento ho preso a occuparmi del reperimento dei materiali, di progetti divulgativi e poi mi sono ufficialmente messo a costruire qualcosa anche io. Nel tempo si sono poi uniti a noi i WildMatters, Magda, Varg, Niki …
I. : La decisione di fondare un collettivo è stata una naturale conseguenza o una decisione ponderata?
Grim: E’ stata assolutamente una conseguenza. Infatti già dire “fondare” un collettivo diventa un termine troppo formale. Partendo dalla collaborazione tra me e Sirah si è presentata la necessità di mantenere definite da un lato la personalità del singolo, dall’altro il lavoro collettivo. E questo è il modus operandi che seguiamo tutt’ora laddove qualcuno si aggiunga. Il concetto stesso di collettivo o per meglio dire “tribù” è un’idea che abbiamo fatto nostra non molto tempo fa. Si parla di 2 anni fa circa, quando ci siamo allargati. I social non ci aiutavano e sotto consiglio di una società di media marketing abbiamo deciso di presentarci come Tribù.
I.: Come mai proprio “Tribù”?
Grim: A livello di terminologia si è trattato di una scelta dettata dal marketing. Avremmo potuto chiamarci “Il branco”, invece “tribù” suonava meglio. Di fatto poi risponde alla perfezione nel definire ciò che siamo, perché le dinamiche interne al gruppo sono quelle proprie di una tribù, siano esse positive e negative. La tribù è in realtà un modello antropologico molto più raffinato e complesso di quanto si possa pensare.
I.: Come coesistono personalità così definite e forti?
Grim: Punto primo si scelgono persone di valore. Il resto lo fa la comunicazione. Come in una relazione poliamorosa! Certo si moltiplicano i problemi, perché si moltiplicano le teste ma se tutte queste teste sono pensanti e comunicanti, hai il vantaggio dell’avere sempre un parere esterno, che non è realmente esterno. Non accade mai che tutti siano in disaccordo! Magari ce ne sono due che sono in disaccordo e in quel momento possono intervenire gli altri a mediare.

I.: Com’è cresciuta la tribù a livello artistico?
Grim: Siamo partiti da Sirah con il skull carving, io ho aggiunto la mia arte macabra. Poi si è aggiunta Niki che fa sempre skull carving ma con uno stile diverso da quello di Sirah incidendo principalmente su pezzi piccoli da cui ricava splendidi gioielli. Magda è arrivata dopo che per molto tempo mi ero convinto che servisse qualcuno che dipingesse, perché ero sicuro che la cosa potesse funzionare. Gli altri due rami che viaggiano in parallelo sono Varg con le sue creazioni in cuoio, ma che è tuttofare quindi ben si presta anche alla pittura e i WildMatters che vanno a coprire l’aspetto divulgativo. Abbiamo poi dei collaboratori esterni che integrano con il macramè e l’elettroformatura. Queste ultime sono esternalizzate, perché sono tecniche che richiederebbero nuove attrezzature e tanto tempo per esercitarsi, così abbiamo preferito integrarle tramite collaboratori fidati. Per il resto direi che tutte le tecniche necessarie alla nostra produzione sono coperte, a volte ci sovrapponiamo, ci formiamo a vicenda, ci stimoliamo vicenda.
I.: Ricerca eco-sostenibile delle materie prime, ovvero: da dove arriva tutto il materiale dei vostri pezzi?
Grim: Nel primo periodo di vita della Tribù ho puntato molto sul mostrare il recupero in natura da parte nostra. Il problema è che in Italia non è così semplice il recupero di una carcassa. Bisogna fare la segnalazione al comune, la segnalazione passa al tassidermista e l’iter burocratico diventa così lungo, che ormai lo facciamo solo in casi eccezionali. Recuperiamo ancora carcasse di animali comuni. Per tutto il resto abbiamo un giro di persone che recupera per noi in diverse zone in Italia e poi ci occupiamo del recupero di vecchie collezioni. Evitiamo l’acquisto ovunque esista il dubbio che ci sia stata un’azione diretta, cioè un cacciatore che ha ucciso l’animale con lo scopo di venderlo. Evitiamo l’acquisto su piattaforme online, dove garantisco che puoi trovare teschi veri e non riproduzioni, ma di cui ignoriamo la provenienza. Ci è capitato che ci passassero per le mani resti di animali importanti, esempio un elefante, un orso polare. Il sospetto che si tratti di trofei di caccia c’è, ma si tratta di pezzi molto vecchi, provenienti da soffitte, vecchie collezioni che devono essere distrutte e in quel caso l’etica sta anche nel pensare “Ormai l’animale è stato sacrificato. Anche se ne brucio ciò che resta, non cambio le cose”. Quindi il punto fondamentale è che non ci sia mai un passaggio diretto.
I.: Qual è il pregiudizio più fastidioso sull’arte macabra?
Grim: Ce ne sono tanti! I due principali sicuramente sono il collegamento dell’arte macabra a riti satanici e all’occultismo e poi la classica frase: “Ah, poveri animali”. Il primo è una grandissima stupidata, il secondo suona divertente soprattutto se pronunciato da non vegetariani o non vegani. C’è anche chi dice che l’animale dovrebbe essere invece seppellito, chi è convinto che il suo spirito non riposi in pace… Ciò che noi ricaviamo dai resti di questi animali sono oggetti d’arte anche abbastanza costosi! Oggetti che vengono pertanto comprati e messi in vetrina e trattati con estrema cura, quindi direi che c’è il massimo rispetto sia da parte nostra che da parte del cliente.
I.: Tra le tante opere di Magda che mi hanno colpito, quella di cui mi sono innamorata follemente è “il Goya”
Grim: Magda nasce come artista pura. Ha studiato all’accademia di belle arti. Ci seguiva come cliente prima di entrare nella Tribù, poi ho spinto perché si unisse al gruppo. Il motivo è che avevo proprio in mente un’azione di questo tipo: riportare opere famose su un medium diverso. Tutto per nobilitare ciò che facciamo!
Magda: Ho scelto di riproporre Saturno che divora i suoi figli, perché è un’opera che ha segnato il mio percorso artistico. L’ho scoperto in accademia e sono rimasta folgorata dal concetto dietro l’opera: il tempo che divora ciò che crea. In quel momento ho compreso cosa volessi rappresentare nelle mie opere. Le mie rappresentazioni di teschi di animali sono cominciate da lì. Dopo due anni che collaboro con la Tribù mi sono sentita pronta per rappresentare il mio inizio e sono tornata a Goya.

I.: E potrebbe aprire porte diverse!
Grim: Esatto! Il progetto potrebbe essere proprio questo, arricchire una linea in questa direzione e completarla con un libro ad hoc. Abbiamo già avuto risposte positive, perché a quest’opera si sono interessate anche persone esterne al nostro giro solito.
I.: Non solo arte e artigianato ma anche divulgazione. Quando sono entrati in gioco i WildMatters?
Grim: Ufficialmente non da tantissimo! Un paio d’anni, forse tre. Di fatto con Nathan avevo già collaborato per dei documentari. La collaborazione è nata con l’esigenza di rispondere a domande sull’etica del nostro lavoro. “Orme Selvagge” è stato il lavoro che ha sugellato la nostra collaborazione ufficialmente.
Nathan: WildMatters esiste quasi da quanto esiste Debitum, 5 o 6 anni. E’ partita come pagina di condivisione e divulgazione e solo in tempi più recenti è diventata una realtà a sé stante e attiva sulle tematiche ambientali, ecologiche ma anche dei diritti civili. L’interesse invece mio e di Eleonora per questi argomenti è più antico e in un certo senso parallelo alle realtà di WildMatters e Debitum. Noi ci siamo battuti, abbiamo scritto, abbiamo divulgato, usato radio e incontri di politica per portare avanti i nostri interessi.
I. : Arte, natura, cura della natura: come si alimentano questi settori?
Grim: Un esempio pratico è il nostro ultimo libro “Post Fata Resurgo”. Si tratta di un art book fotografico al cui interno ciascuno di noi ha scritto un articolo e l’articolo dei WildMatters riguarda il riscaldamento globale. Perché? Perché avere all’interno della collezione un teschio di orso polare, sopravvissuto a un incendio, con una foresta che brucia dipinta sopra diviene simbolo e domanda circa il cambiamento climatico. Ecco come si alimentano i due settori, quello artistico e quello divulgativo. E al momento attuale, ma a maggior ragione in futuro, l’idea è quella di far viaggiare le due cose contemporaneamente: compri il teschio dell’orso? Ti regalo il corso sull’orso. Compri il pezzo legato allo sciamanesimo, ti regalo il corso. Riusciamo a organizzare una mostra coi nostri pezzi? Sicuramente durante la mostra ci saranno delle conferenze dei WildMatters.
Nathan: L’arte nonostante il nostro paese ne sia ricco, è ancora vista come qualcosa di secondario. Dovremmo forse iniziare a chiederci se non sia il caso di scollegare l’arte dalla sua dimensione economica per farle assumere una dimensione culturale. L’arte come anticipazione del futuro. Se è buona arte, al di là del concetto di bello e brutto, anticipa il futuro. A volte l’arte di Debitum è stata considerata come arte post-antropocene. Cioè l’idea del riutilizzo di determinati materiali naturali, grezzi e la riconversione di questi in qualcosa che abbia un valore estetico simbolico è un modo per affrontare la crisi ecologica che stiamo affrontando. Detto questo, se l’arte è presa poco sul serio la filosofia, la scrittura e la cultura lo sono ancora meno. Quindi l’arte si arricchisce di contenuti e di ispirazione, mentre il valore economico e pop dell’arte apre le porte ad affrontare discorsi che generalmente ricevono meno attenzione quali il rewilding, la sessualità, l’etica animale.

I. : “Nessuno scappa all’etica”. Quindi laddove di fronte alla poca sensibilità diciamo di sentirci in un ambiente poco etico siamo in errore?
Nathan: Siamo già tutti etici. Ma l’etica non è qualcosa di personale. Ha delle conseguenze su di noi e avviene sul piano delle persone, ma poi viene trasposta sul piano della società. Bisognerebbe inoltre distinguere tra morale e etica. La morale è il costume. Se carichi una foto sui social di te stesso nudo, le persone pensano subito che sia brutto, sbagliato. Questo pensiero è legato alla morale, una morale cristiana, che è un modo in cui pensiamo il mondo. L’etica avviene nel momento in cui nel prendere una decisione il singolo decide cosa sia giusto o sbagliato fare. Tuttavia la scelta non avviene sulla base di un’autenticità genuina della persona, che sceglie partendo da se stessa. L’etica coinvolge diversi fattori quali il progresso scientifico, il progresso culturale. Una maggiore conoscenza ti cambia a livello cognitivo ed emotivo e con il progresso ci sono anche state domande etiche maggioritarie. Quello che manca quindi non è il senso etico, quello chi più e chi meno è proprio di chiunque. Ciò che manca è la comprensione dell’etica come discorso pubblico, che deve basarsi non solo sull’aspetto democratico, ma anche sulle basi scientifiche e razionali per cui qualcosa è giusto o sbagliato. Ovvero: non perché siamo in democrazia tutti i pensieri hanno lo stesso valore, ma alcuni si basano su fallace che derivano da una scarsa conoscenza del dato scientifico culturale.
I. : Il nostro paese è pronto per il rewilding?
Nathan : Non so se ci sia una parte del mondo che sia effettivamente pronta! Dipende cosa intendiamo per “pronto”. Se intendiamo che ci siano le condizioni materiali e ecologiche per fare rewilding, la risposta è sì. Se ci siano le condizioni economiche e le esigenze ecologiche: sempre sì. La mentalità, no. La mentalità è indietro, ma lo è non solo per il rewilding ma anche per la conservazione, per il rapporto con la natura a 360°. Quindi direi che il nostro paese non è pronto per il rewilding, perché non ne parliamo ancora in modo approfondito e manca una reale comprensione degli ecosistemi.
I.: Nel corso dello scorso anno vi ho visti impegnati in giro per l’Italia telecamera alla mano. Cosa avete prodotto?
Grim: Per prima cosa abbiamo prodotto un documentario che mostra tutta la Tribù in giro per tutta una serie di consegne, seguite da interviste. Siamo arrivati fino in Abruzzo alla sede di Rewilding Appenines dove abbiamo intervistato Mario Cipollone, che è il loro team leader. Un mix tra un travel blog e un documentario quindi. Il secondo documentario è stato registrato in Trentino, “Sulle tracce degli orsi”. La struttura è molto simile al primo, sempre un travel blog arricchito da cinque argomenti divulgativi legati all’orso. Il terzo è ultimo è un documentario dedicato all’arte macabra, in cui abbiamo inserito interviste a Giano Del Bufalo, Drusilla Gucci, Christian Alpini.
I.: Come si individua un animale totem?
Grim: Comprate il corso “Orme Selvagge” e scopritelo! (ridiamo) E’ un discorso delicato, che abbiamo appunto trattato in “Orme Selvagge”. Come? Cercando di non scadere né nel “Sono tutte fregnacce!”, né nel “mettiti di fronte al fuoco e mangia un pezzo di animale!”. Usando la zooantropologia abbiamo confrontato il rapporto tra l’animale e l’uomo nei secoli e noi per primi facendo ricerca ci siamo resi conto che tutti gli aspetti legati alla spiritualità e i tratti mitologici dell’animale, derivano da com’è l’animale realmente. Perché sei affine al cinghiale? Perché il cinghiale ha determinate caratteristiche dettate dalla sua etologia e usandolo come specchio ti senti affine.

I.: Quali sono le difficoltà di parlare di libertà sessuale?
Grim: E’ difficilissimo… Abbiamo proprio scelto tutti gli argomenti peggiori: ecologia, macabro e sesso! (ridiamo) E’ un problema grosso. Un problema continuo. C’è sempre qualcuno che cerca di delegittimare ciò che facciamo o diciamo. Sul poliamore quasi nessuno sa nulla e quei pochi che sanno qualcosa non lo spiegano a dovere, quindi è davvero difficile. Il pregiudizio è altissimo e spesso anche dall’interno, dalle persone a noi più vicine, dalle nostre famiglie. Abbiamo anche problemi sui social: siamo stati limitati dall’algoritmo, segnalati per “eccesso di pelle nuda” in certe foto. Sei screditato come artista e come divulgatore perché posti una foto nudo o seminudo, perché parli di certi argomenti perché hai più partner. E sarebbe il caso di aggiungere: nel 2022 sarebbe il caso di smetterla con questi pregiudizi.
Nathan: Ci sono tante difficoltà quante se ne possono trovare nel parlare di rewilding e coesistenza con grandi carnivori e specie animali che in noi creano un conflitto anche a livello fisico, esempio: non ci sentiamo a nostro agio all’idea di passeggiare in un bosco a stretto contatto coi lupi e orsi. Quest’idea è traumatizzante tanto quanto affrontare il tema della sessualità nella sua interezza, ecco perché la società rappresenta solo un tipo di sessualità. Il sesso e l’affetto sono elementi che possono plasmare una società ed essendo noi una specie che teme il cambiamento, abbiamo, tramite una combinazione di perbenismo e valori tradizionali e religiosi, un’idea della sessualità che è solo la punta dell’iceberg.
I.: Il tema della libertà torna spesso legato al vostro operato e ai principi che vi guidano. Quando vi sentite totalmente e profondamente liberi?
Magda: Nel mio lavoro sicuramente mi sento libera di espimermi e creare… e in natura.
Grim: E a volte fai entrambe le cose contemporaneamente!
Magda: Esatto! A volte creo mentre sono immersa nella natura! Libertà assoluta!
Per saperne di più su Debitum Naturae: https://debitumnaturae.it/