L’Arte di cavarsela è un blog fantastico. No, non mi sto lodando e “imbrodando” da sola! L’Arte di cavarsela è un blog fantastico, perché tratta il fantastico. E’ un blog che racconta storie più che riportare interviste. Queste storie pur essendo reali racchiudono tutta la magia dell’eccezionale e dello straordinario.
In quanto spazio dedicato al racconto il linguaggio è qui fondamentale. Sono vitali il linguaggio scritto e quello verbale. Ma a volte questi linguaggi non sono sufficienti, perché le lingue offrono svariate possibilità per esprimere un concetto, con altrettante sfumature e non è detto che le mie sfumature siano le stesse delle persone che mi stanno di fronte o che mi leggono. Risultato? Si viene fraintesi. Non si trasmettono emozioni o se ne trasmettono altre. Non ci si capisce. Serve qualcosa in più, un punto di incontro.
Red Fryk Hey è autistica. No, non “ha l’autismo“, è autistica. Questo vuol dire che lei percepisce le cose, tutte o alcune, in modo diverso rispetto ai neurotipici. Le sue sfumature non sono le stesse mie o di una parte dei lettori di questo articolo. Red sceglierebbe parole diverse, descriverebbe emozioni diverse. Vi serve un esempio più spiccio per allinearci? Se nella rosa dei colori io mi posizionerei nel punto di passaggio tra il viola e il blu, Red Fryk Hey si posizionerebbe sul rosso.
Gusti diversi, visioni diverse, anime diverse, menti che funzionano in modo diverso.
Ma Red Fryk Hey è una ballerina professionista di Hip Hop. Ed eccolo lì! Quel linguaggio tramite il quale ci capiamo alla perfezione. Red ha trovato nella danza uno dei suoi interessi assorbenti (andate sui suoi social per una definizione più approfondita), ma non solo. Ha scoperto e continua felicemente ad averne conferma, che la danza la mette in comunicazione con tutti: autistici ma anche neurotipici. Se parlando viene compresa poco o per nulla, quando balla non lascia spazio a interpretazioni soggettive. Il suo corpo è in grado di esprimere con chiarezza se è felice, se è triste, quando sta male o quando è al massimo della forma. Se in mezzo a un gruppo di persone che socializzano si sentirebbe a disagio al punto da isolarsi, in mezzo a un gruppo di persone che ballano lei sarebbe sicuramente la ballerina più energica e instancabile.
Racconta senza filtri o inibizioni che le hanno detto più volte di essere una persona poco espressiva: quando parla, forse. Quando balla? E’ entusiasmo personificato. E poco importa se quel sorriso che le vedete sul viso è forzato o preso a imitazione di cartoni animati o persone neurotipiche. Le sue braccia fluide, le sue spalle forti, le sue gambe decise e i suoi piedi che si muovono precisi, insomma il suo corpo ride per davvero. Ride e quello è il sorriso unico di Red Fryk Hey, un sorriso, aggiungo, spontaneo, sincero e contagioso!

Isabel: A che età hai iniziato a ballare?
Red Fryk Hey: Ho iniziato a ballare quando ho iniziato a camminare. La mia famiglia mi racconta che già all’epoca mi dedicavo alla danza con precisione e dedizione. Non era un ballare tanto per! Rispettavo una mia routine e già appariva chiaro che mi allenassi per migliorarmi, anche se in quel periodo mi limitavo a copiare passi da video presi da videocassette. L’ostacolo per me è stata un’asma molto grave. Si trattava di asma da sforzo, pertanto non potevo svolgere un’attività fisica per un tempo prolungato. Fortunatamente a un certo punto si è trasformata in asma allergica e ho potuto iniziare a ballare per ore e ore senza avere nessuna crisi. I corsi invece li ho iniziati attorno agli 8 anni. Ho iniziato con un corso che non era però impegnativo. Corso che ho dovuto interrompere a causa di una brutta polmonite, che mi ha obbligata a restare ferma per due mesi. I corsi di danza più seri invece, li ho iniziati a 10 anni circa.
I.: Hai iniziato da subito con l’hip hop?
Red Fryk Hey: Prima che iniziassi i corsi, quando ancora ballavo da sola, ballavo hip hop. Anche se all’epoca ignoravo che si chiamasse così! Copiavo i passi di uno dei miei cugini più grandi, che viveva a Matera. Mio papà è originario di Matera! Mio cugino ci inviava delle registrazioni di lui che ballava e io ho iniziato imitandolo. A livello accademico invece ho studiato danza classica e danza moderna a cui mi sono appassionata. Ho anche provato con il Modern Jazz, Musical… ho fatto un po’ di tutto. Ma l’hip hop ha sempre costituito il mio interesse primario. Il problema è che non c’erano corsi di hip hop quando ho iniziato a studiare danza! Ho dovuto esercitarmi da sola, guardando video e poi partecipando a qualche evento dedicato in giro per l’Italia. Ricordo che non avevo internet, perché i miei genitori erano contrari. Avevo una zia che invece lo aveva e andavo a casa sua di nascosto a cercare eventi e altro materiale!
I.: Hai avvertito immediatamente che la danza, per te, era qualcosa di più? Uno dei tuoi interessi assorbenti?
Red Fryk Hey: Credo di essermene resa conto durante quella brutta polmonite di cui ti ho parlato prima. Durante la malattia io non ho potuto ballare e sono stata malissimo. Si è trattato di una polmonite aggravatasi in pleurite. Sono dovuta stare in isolamento, ma non ho patito tanto quello. Ho sofferto, perché volevo ballare e scatenarmi e non potevo. Questo evento mi ha segnata per sempre, perché se già prima sapevo che ballare era ciò che desideravo fare, riprendere dopo un periodo di fermo lungo mesi, mi ha permesso di essere ancora più consapevole che la danza sarrebbe stata la mia strada.
I.: Cosa della cultura hip hop te lo ha reso un ambiente in cui sentirti in grado di esprimerti?
Red Fryk Hey: I principi base dell’hip hop. La possibilità di condividere, ma di condividere secondo un proprio stile, un proprio modo di essere. Cosa che nella società non vedo molto! Sembra che la condivisione sia forzata e indirizzata verso un unico modo di essere e pensare. L’hip hop invece mi ha offerto un ambiente in cui poter essere me stessa, uscendo dagli schemi. L’hip hop inoltre è informazione. Condivide notizie, nozioni, pensieri. Trasmette anche tante informazioni su temi che vengono trattati poco. E’ una cultura che nasce per sottrarre le persone a certe situazioni difficili. Io rivedevo tutto questo nella mia vita.
I.: Sui tuoi social condividi spesso video in cui balli chiedendo alle persone di dare un titolo alla tua performance. Chiedi a chi guarda di raccontarti ciò che la tua danza suscita. Così facendo che riscontri hai? Soprattutto dalle persone neurotipiche?
Red Fryk Hey: Intanto grazie, che bella domanda! (sorride) Faccio questi video proprio per capire se ciò che voglio esprimere attraverso la danza viene compreso, sia da persone neurotipiche sia dalle persone autistiche. Questo perché a volte ballando non voglio esprimere un concetto solo o magari sto ballando senza pensare a qualcosa di preciso, ma sto solo raccontando una storia. Mi piace così vedere se arriva tutto ciò che voglio trasmettere, quanto e a chi. Di solito funziona! Arriva tutto e c’è comprensione anche tra le persone neurotipiche.
I.: La musica è composta da suoni, ma un brano è composto anche da un testo. Parole che raccontano, descrivono qualcosa. Tu come lavori alla coreografia di un brano, che magari parla di quelle emozioni che tu, in quanto autistica, vivi in modo diverso?
Red Fryk Hey: Mi trovo in difficoltà su quei brani che vogliono esprimere amore e affetto. Sono in difficoltà, perché non comprendo come si possa realizzare ciò che viene descritto. Mi è capitato di dover coreografare dei brani che parlavano di questo e mi è sembrato di dovermi calare nei panni di qualcun altro. Non perché io non provi amore e affetto, anzi! Ma perché io lo esprimerei in modo diverso, lo racconterei in modo diverso. Per anni sono stata definita “una persona innamorata dell’amore”. Quando mi è capitato, in passato, di provare amore ascoltavo canzoni d’amore e mi veniva da chiederemi “Ma io perché non ne parlerei così?”. Avrei usato parole diverse. Nella danza è lo stesso. Se mi viene chiesto di coreografare una canzone che parla d’amore, mi chiedo “Cosa faccio? Entro nella fase “masking” e imito i ballerini che esprimono quel concetto?”. E’ un esercizio divertente per me. E’ come se recitassi e mi aiuta a esercitare empatia verso le persone neurotipiche. Ma se dovessi interpretare quello stesso brano seguendo il mio modo di pensare, è raro perfino che io scelga un brano del genere.
I.: C’è invece una tua emozione che non riesci a far comprendere, soprattutto alle persone neurotipiche, nemmeno attraverso la danza?
Red Fryk Hey: No, con la danza devo dire che sono sempre riuscita a far comprendere tutto ciò che avevo da dire. Anche durante spettacoli complessi che ho creato. Ad esempio nell’ultimo spettacolo con la mia compagnia, fondata da me e nella quale ballo, abbiamo trattato il tema della fobia. E’ un viaggio tra fobie, sensazioni, emozioni… e il rimando, anche da persone neurotipiche, è sempre stato di totale comprensione.
Red Fryk Hey – Foto di Federica Nardese
I.: Dopo aver preso coscienza del tuo essere autistica e aver iniziato attivismo per far meglio conoscere il funzionamento delle menti autistiche e i pregiudizi e le difficoltà, com’è cambiata la percezione di te nell’ambiente hip hop?
Red Fryk Hey: Ci sono ambienti legati all’hip hop in cui evito di andare o comunque ambienti in cui mi sento a disagio, perché ci sono miei colleghi e colleghe che non hanno compreso la mia scelta di fare attivismo e mi intimorisce incontrarli. Tra il bullismo che ho subito e gli sguardi “diversi” che ho sempre avuto addosso nella vita, ora che sono consapevole della mia condizione e che il mio impegno in campo attivista stanno dando segni positivi, non me la sento di avere nuovamente gli occhi puntati addosso, soprattutto in un ambiente in cui normalmente mi sento a casa. Ci sono anche ambienti legati all’hip hop dove non mi sono mai sentita a mio agio! Perché non mi sono sentita capita da subito. Ci sono momenti nella danza in cui si è in gruppo. Fino a quando si balla io non ho problemi, ma quando la musica si spegne capita che io non sappia socializzare o che io abbia bisogno di isolarmi. In quei momenti le mie differenze mi hanno resa quella strana, l’asociale. Quindi ora che ho la consapevolezza di essere autistica e che questa consapevolezza mi ha permesso di sentirmi meglio, vorrei evitare certe situazioni per non stare male di nuovo.
I.: Tu insegni danza anche ai bambini. Come spieghi ai bambini non solo la danza, ma anche l’autismo?
Red Fryk Hey: Bellissima domanda anche questa! Non tutti i bambini a cui insegno sanno che sono autistica. Questo perché so che alcuni genitori non capirebbero. I bimbi che ne sono a conoscenza hanno invece genitori che mi seguono sui social e hanno compreso che sono autistica. La cosa bella per me è sentire le domande che mi pongono! Non mi fanno le domande degli adulti tipo “Ma sei diventata autistica crescendo?”, che non è possibile. I bambini scendono nel dettaglio, sono più curiosi e vanno in profondità. Mi chiedono come sento le cose, come le avverto… Con loro non mi viene da approcciarmi come fanno molti, usando le vocine. Per me sono… delle piccole persone! Interagisco con loro come interagisco con tutti gli altri, semplicemente so che alcune cose loro non le comprendono ancora. A volte si pensa ai bambini come fossero una specie a parte, ma io per esempio mi sento la stessa persona di tanti anni fa. Ho solo più esperienza e più conoscenza. Non mi vedo distaccata dalla bambina che ero e quindi non vedo i bambini distaccati dall’adulto che saranno.
I.: Il tuo personaggio Disney preferito?
Red Fryk Hey: (ride) Jack Skeletron!
I.: Il tuo artista Hip Hop preferito!
Red Fryk Hey: Ahi! Difficile… Ce ne sono troppi! Direi… Johnny Marsiglia.
I.: Sempre tramite i tuoi canali social hai spiegato, che la comunità autistica non si riconosce nel simbolo del puzzle blue (simbolo usato per descrivere la comunità autistica). Ma preferisce essere descritta dal simbolo dell’infinito coi colori dello spettro autistico o ancora dalla scritta “Red Instead”. Se dovessi invece scegliere un simbolo per riassumere solo Red Fryk Hey?
Red Fryk Hey: Sceglierei delle ali rosse!
Per saperne di più su Red Fryk Hey (e sull’autismo) :
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