La chiamano Sindrome di Stendhal.
Inizia nel momento in cui di fronte a un’opera d’arte , il tuo sguardo ne viene completamente assorbito. Il mondo circostante scompare e i tuoi occhi esplorano e abbracciano ogni millimetro del pezzo che hai di fronte, scavandolo fin dentro gli atomi della materia che lo compone. Riesci ad avvertirne il profumo, ti pare si muova e tu resti lì, come pietrificato dal Sublime.
Mi è successo diverse volte di sentirmi così di fronte a un’opera, alcune delle quali in presenza di sculture . In presenza dell’ Atleta a Olimpia, ai piedi della Nike di Samotracia , al cospetto di Apollo e Dafne , di fronte ad Amore e Psiche. Una volta superate mi sono sentita leggera e smarrita, ho galleggiato come in una bolla tra i corridoi dei musei, sentendomi nuova ed estranea in mezzo agli altri visitatori. Ho osservato il mondo con occhi nuovi, vergini come non avessi mai visto la luce e i colori prima di quel momento. Dentro di me si sono fatte largo mille domande su come fosse possibile , che un elemento così freddo, rigido e impenetrabile come il marmo, mi fosse apparso caldo, soffice e prossimo al respiro della vita.
In preda a questa curiosità , pervasa dall’eccitazione ho deciso di incontrare Marina Bertagnin.
Marina è una scultrice veneta, originaria di San Bonifacio in provincia di Verona. Curiosando alla ricerca di informazioni sul suo lavoro sono rimasta colpita da subito dai visi delle sue sculture . Visi pacifici, bonari, carichi di dolcezza e capaci di trasmettere calma e pace interiore. Ho intravisto nella mani di Marina e nello sguardo attento che ha mentre lavora, la possibilità di trovare risposta alle mie domande.
E Marina non ha solo soddisfatto il mio desiderio di sapere , ma si è posta nei miei confronti come quell’insegnante appassionata che tutti abbiamo avuto alle medie o al liceo, quella che non vedevi l’ora che entrasse in classe per pendere dalle sue labbra e lasciarti raccontare la sua materia come il più passionale dei racconti. Chiacchierando con lei ho compreso, che conoscevo già tutte le risposte alle mie domande, ma vederle chiare e tangibili in mia presenza è stata un’esperienza unica e straordinaria.
Quei visi gentili a cui Marina Bertagnin da vita, altro non sono che gocce della sua memoria, frammenti della sua anima , così grande da esserle concesso di trasmettersi al soggetto e pervaderlo fin quasi ad animarlo. La sua cultura, la sua dedizione , il suo amore per la vita e per il suo dono si respirano tutt’intorno a lei, nel suono della sua voce, nell’affetto del marito e dei figli che la accompagnano nella sua decisione di vivere di arte, come la più straordinaria delle avventure e possibilità.
Sono certa che se fosse accanto a voi ora che state per accingervi a leggere le sue parole, vi offrirebbe una tazza di tè o caffè e vi direbbe di accomodarvi accogliendovi con affetto e aprendovi le porte di casa sua come foste allievi, figli.

Isabel : Nell’immaginario collettivo spesso l’artista viene percepito come un individuo poco pragmatico e poco affine ai lavori manuali. Questo perché spesso ci si dimentica di quanta manualità ci sia nell’arte. La scultura è indubbiamente l’arte che più sfata questo mito! Dal momento che condivide strumenti con l’artigianato per esempio. Ma come si diventa scultori? Come e quando hai scelto questo percorso?
MABE : Dunque, io ho avuto una famiglia che mi ha educata alla bellezza e all’arte. Soprattutto mio padre, con il suo animo da scenografo, mi ha trasmesso la ricerca del bello e della visione d’insieme che uno scenografo deve avere. Così non ho fatto fatica a decidere di iscrivermi al liceo artistico, pur non avendo grandi doti , ma avendo qualcosa dentro che mi ha attirato verso quel percorso. Tra tutti i docenti quello che più è riuscito a trasmettermi l’amore per la sua materia è stato l’insegnante di scultura. E’ riuscito a tirar fuori i sentimenti che avevo dentro , che non potevano essere rappresentati nella bidimensionalità , ma necessitavano della terza dimensione per essere completi. Tutti i disegni , i quadri che realizzavo uscivano dal foglio, erano in rilievo. Con la maturità e l’aumento della sensibilità, l’azione di modellare mi è divenuta più congeniale e in mente avevo immagini che si creavano già in tridimensionale, dovevo solo plasmarle.
Isa : Tra le diverse soddisfazioni che la tua arte ti ha portato, c’è stata anche un’esposizione al Louvre . Come ti sei sentita ad esporre in uno dei musei più ricchi e famosi al mondo?
MABE : Sono onesta, non avrei voluto nemmeno andare! Avrei voluto mandarci mio marito! (ride) Prima del Louvre avevo già esposto a Parigi, per la Peugeot e in quell’occasione ha presenziato mio marito per me. Poi la stessa gallerista che aveva organizzato quella mostra, mi ha chiamata per propormi di esporre al Louvre appunto, per l’esposizione “I Maestri del domani”. Io sono stata entusiasta ovviamente, ma non me la sentivo di essere presente. Poi mio marito mi ha fatto notare, che non ero mai stata in Francia, mai stata a Parigi e non avevo mai visto il Louvre, i pezzi esposti erano i miei e così… Mi sono convinta! Ed è stata un’esperienza emozionante. Non dico di essermi genuflessa di fronte alle statue del Canova, ma il pensiero l’ho avuto (ride) e mi sono sentita affamata. Ero affamata come una persona, che non mangia da anni e che all’improvviso si trova a poter mangiare tutto ciò che vuole. Una fame di arte!
Isa : Durante un recente convegno in tema di trust e patrimoni culturali, delle ricerche svolte sugli investimenti in ambito artistico, i numeri hanno dimostrato che l’Italia non solo non compare tra i maggiori finanziatori, ma rientra alla voce “resto del mondo”. Da artista e da italiana come ti lascia questo risultato?
MABE : Ascoltavo ieri una trasmissione che parlava del lavoro degli scienziati. Quelli tra loro, che sono stati più in grado di portare avanti il loro lavoro sono quelli che sono stati in grado di comunicare , di condividere le loro ricerche coi colleghi. Dialogare con le persone che si incontrano vuol dire crescere. Quando incontro persone e parlo con loro, cresco. Questo è fondamentale! Avere contenuti da condividere spinge le persone a essere curiose . In questo periodo mi sto muovendo, perché desidero che le sculture che sto creando viaggino il più possibile. Sono certa che ci siano tante persone, che hanno voglia di contenuti, non solo di cose belle fini a se stesse, ma significati. Quando i contenuti ti arricchiscono come persona, ne vuoi ancora. Viene da sé , allora, il desiderio che la crescita si perpetui nel tempo. La crescita diventa benessere ed è insito nell’uomo voler restare dove sta bene. Se sperimenti la bellezza e comprendi che può nutrirti, inizi a renderti conto che un mondo brutto rende brutti anche noi, mentre un mondo bello ci fa sentire appagati. In Italia c’è quindi una grande necessità di contenuti, di comprendere il valore emotivo della bellezza. Ci siamo disabituati ad ascoltare le emozioni , siamo portati a dare attenzione alle impressioni estetiche e per questo ci meritiamo quel misero posto alla voce “resto del mondo”. In tutto questo noi artisti abbiamo una grande responsabilità! Dobbiamo offrire un servizio alla comunità per spiegare, per trasmettere la bellezza e il nutrimento che ne deriva. Non possiamo solo creare per destabilizzare o scioccare . Non resta nulla di quel senso di angoscia o terrore e per curarci dell’arte dobbiamo fare in modo che resti, dobbiamo spiegarla. Noi artisti , tutti gli artisti pittori, musicisti, scrittori… Siamo da sempre i più sensibili a ciò che ci circonda e abbiamo sempre tradotto il mondo per gli altri. Ma ora dobbiamo fornire un riscatto. Non possiamo limitarci a guardare dalla finestra e tradurre o è finita. Dobbiamo rimboccarci le maniche. E a tal proposito, per la prossima esposizione a cui parteciperò, ho deciso di creare delle magliette con maniche lunghissime. Maniche da arrotolare e nel mentre che vengono arrotolate , porteranno alla luce frasi di incoraggiamento, di speranza, che invitino all’azione.

Isa : Molte persone, soprattutto i giovani vivono un rapporto conflittuale con il proprio luogo di origine : lo vorrebbero diverso o vorrebbero provenire da un altro luogo ancora! Nelle tue opere invece le tue origini sono prepotenti, ben visibili. Come ha arricchito la tua arte l’essere veneta?
MABE : Non si tratta nemmeno di essere veneta, ma sambonifacese! Mi sono nutrita della nostra cultura locale. Sono cresciuta in una famiglia numerosa , tipica non solo di San Bonifacio, ma di tanti luoghi in Italia. Alcune persone mi dicono che non dovrei mostrare le mie origini, perché mi sminuiscono, ma per quale ragione? Io ho sempre fatto il contrario, invito persone a bere il tè perché possano vedere dove e come vivo. Sono consapevole che San Bonifacio non sia Soave, Soave è meravigliosa! Ma siamo vicini di casa. Perché non dovremmo avere qualcosa di bello anche noi da mostrare? E mi sto battendo per questo, anche offrendo la mia arte alla comunità a titolo gratuito. Per esempio ho dipinto le due curve esterne dello Stadio . Tutto perché si comincia da qui. Ho iniziato da qui, da San Bonifacio. Ho iniziato facendo lavoretti per i miei cugini, il disegno, l’oggettino . Certo andare a Parigi e Berlino fa crescere il desiderio di uscire dai confini, ma è dal luogo in cui nasci e cresci che si comincia e bisogna prendersene cura, arricchirlo!
Isa : Hai spesso sostenuto l’arte come messo di educazione. Quindi ti chiedo : come l’arte ha arricchito la tua vita, il tuo quotidiano?
MABE : Innanzitutto ho imparato il fallimento. Quando crei, quando disegni a volte sbagli. Riguardi ciò che hai fatto e non vorresti farlo vedere a nessuno, inizi anche a dirti che non sei capace di disegnare! Quando mi trovo a dover parlare del mio lavoro ai ragazzi del liceo, che mi capita di incontrare per dei corsi, ciò che dico loro è che l’arte insegna ad accettare il fallimento. Quando lo accetti vai oltre. Prosegui. Nell’intrigo di tutti gli scarabocchi che hai di fronte, c’è la strada per il successo, ci sarà il filo per tradurre l’idea che hai in mente. E questa è una lezione che vale anche per la vita quotidiana. L’arte insegna ad essere forte, a insistere.
Isa : Tra le tue opere ne hai dedicata una alle donne, alla loro forza, al ruolo spesso silente che hanno nella nostra società. C’è una donna in particolare che ti ha ispirata nella creazione di quest’opera?
MABE : Mia mamma! Mia mamma è stata capo scout fino a qualche anno fa, all’età di 80 anni. E’ stata la donna che ha portato lo scoutismo a San Bonifacio negli anni 50. Ha sempre avuto una grande forza. Nel 1960, se non ricordo male, è partita da sola ed è andata in Inghilterra al raduno mondiale degli scout nel Parco di Windsor . Ha conosciuto la moglie di Baden Powell , fondatore degli scout. E’ andata in Finlandia da sola. Considera che era figlia di persone che gestivano un bar locale, quindi non poteva permettersi chissà che lussi. E’ partita con lo zaino e via! Una cosa straordinaria. Mi ha sempre ispirata, perché è stata un’educatrice. E grazie a lei oggi sono un’artista anomala, perché oltre ad essere artista, sono donna , sono mamma e sono moglie. Convivo con una lotta interiore tra la mia arte, che mi vorrebbe irrazionale e il mio ruolo in famiglia che mi esige assolutamente razionale, perché devo cucinare, lavare i piatti, stirare . Ma questa è anche la mia particolarità.

Isa : Restando sul tema donne : parlando con un noto gallerista mi sono sentita dire, che le donne nel mondo nell’arte sono discriminate. Sei d’accordo?
MABE : No. Ma non ho nemmeno materiale per essere in disaccordo. Io non ho mai avuto una galleria che mi seguisse, perché è un periodo difficile anche per loro. Hanno il loro giro di artisti da promuovere . Mi sono presentata un paio di volte presso una galleria , ma mi è stato detto che non potevano seguire un altro artista. Non so se fossi stata un uomo se mi avrebbero detto qualcosa di diverso. Mi hanno risposto senza nemmeno vedere cosa facessi e a quel punto non ho indagato se fossero sinceri o meno sul loro rifiuto. L’ho preso così com’è venuto e sono andata oltre. Credo invece che le donne abbiano una forza enorme e laddove non emergono è perché non ne hanno abbastanza. Io non sono arrivata chissà dove, ma sono contenta di dove sono! Ho la fortuna di vivere di ciò che amo fare . L’importante per me è questo.
Isa : Nei ” Viaggiamenti” hai voluto esplorare il tema del viaggio interiore. In questo periodo sto leggendo un romanzo fantasy la cui protagonista ha la capacità di viaggiare attraverso gli specchi, chiara allegoria del viaggio interiore. Ma può riuscirci solo a patto che sia onesta con se stessa. C’è tra le tue opere una che abbia rappresentato per te uno specchio, obbligandoti ad essere onesta con te stessa prima di poter viaggiare verso la sua realizzazione?
MABE : La prima scultura a testa in giù. Il tema della figura rovescia l’avevo già esplorato al liceo , quando pensando alle persone che fanno uso di droghe, avevo disegnato un uomo a testa in giù per rappresentare il suo straniamento dalla realtà. Quando l’ho ripresa ho aggiunto il dettaglio dei testi. Lì sono stata “onesta”, perché non ho selezionato dei testi diciamo “commerciali” , perché l’opera funzionasse. Ho deciso di non funzionare rivestendo l’opera di messaggi, che sentivo dentro. E per me realizzare figure rovesce è uno sfogo, un’esigenza, perché mi fanno sentire libera. Le prossime opere che voglio creare le chiamerò “Universali”. Vorrei fossero figure a testa in giù su cui la gente, che se le trova davanti possa leggere frasi di cui ha bisogno. Magari frasi , che ti fanno esclamare “Anch’io la penso così!” o perfino metterci uno specchio, perché le persone possano specchiarcisi e riconoscersi in quella figura. Ci sono molte persone, che sentendosi sole non si espongono, non si esprimono. Invece riconoscendosi in qualcuno o qualcosa, magari ne traggono forza e beneficio e decidono di mostrarsi e finalmente essere le persone straordinarie che sono.
Alla prossima avventura!
Isabel