Thomas Silver: il Bell’Addormentato

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Thomas Silver & Mary D. @ Elyon

“Niente favola Disney coi ruoli invertiti in questa storia, signori. Solo un musicista dall’autostima assopita, che aspettava che la musica dentro di lui si riaccendesse e lo ridestasse da un sonnellino durato più del previsto… “   Mary D.

“Spero apprezziate la mia musica, perché significa molto per me”. Questa è la speranza, che Thomas Silver rivolge al suo pubblico nel bel mezzo del suo live, tenutosi all’Elyon , nuovo locale della scena rock milanese, il 17 ottobre 2015.

E’ inutile girarci troppo attorno e negare l’evidenza: i più conoscono Thomas Silver per essere stato il chitarrista degli Hardcore Superstar  ( ha lasciato la band nel 2008 N.d.r. ) e Thomas non teme di certo questa realtà, lui, che col suo singolo “Bury the Past”, pubblicato il 10 ottobre 2015, dichiara di essersi lasciato il passato alle spalle, di averlo seppellito perfino, di modo che non possa più tormentarlo. Il mondo del rock ci ha abituati a questi scenari. Quando esci da una band di successo, riconosciuta a livello mondiale, il mondo farà di tutto per ricordarti da dove vieni, continuerà a chiedere spiegazioni circa il perché e per come della tua decisione, farà fatica a riconoscerti come una nuova, singola e ben distinta realtà.

Dal 2008 al ritorno di Silver sulle scene sono passati 7 anni. 7 anni difficili, intensi, durante i quali Thomas ha dovuto sconfiggere i suoi demoni e ritrovare fiducia in se stesso, ma soprattutto fiducia nella musica, nella sua musica. “E’ difficile essere umani”, mi dice nel corso della nostra chiacchierata. Ma il chitarrista, originario di Göteborg , sembra aver vinto tutte le sue battaglie e ora è tornato. E’ di nuovo sulla scena, con un album solista in arrivo e tanta voglia di divertirsi sul palco coi suoi nuovi compagni di band : “Loro sono una famiglia per me!” .

Non solo: Thomas Silver è un uomo così onesto, disponibile e sereno, che anche se non ero andata a incontrarlo con l’intenzione di aprire il capitolo HCSS, per rispetto del suo progetto solista, ha deciso di raccontarmi la sua storia proprio da quel lontano 2008…


Mary: Ciao Thomas! E’ un piacere averti qui, bentornato!

Thomas Silver: Oh grazie! Grazie mille!

M.: Dunque, sei di nuovo sulla scena e sta per uscire il tuo album solista. Ma prima di parlare di tutto questo, penso sia opportuno fare un passo indietro, perché credo che in molti siano curiosi di sapere cosa sia successo da quando hai lasciato gli Hardcore Superstar ad oggi. Cosa hai combinato in questi 7 anni? Hai lavorato ad altro che non sappiamo?

T.S.: Ho dormito un sacco! (ride)

M.: Fantastico! Ti sei riposato?

T.S.: Ah, sì! Sai, con gli Hardcore Superstar sono stato attivo per quasi 10 anni. Era una vita frenetica, si passava da un concerto all’altro, da una grande città ad un’altra con dei ritmi molto serrati. Toccavamo quasi 200 città in un anno! Mi ci sono voluti 2 anni per riprendermi da quello stile di vita.

Non stavo bene quando lasciai la band. Non stavo bene per niente. Per questo ho avuto bisogno di mollare tutto, di rallentare. Solo dopo 2 anni, più o meno, mi sono rimesso a suonare qualcosa. Ed è successo che un giorno, un tizio della Universal Music è entrato nel negozio dove lavoro, un negozio di chitarre, e mi disse : “Ciao Thomas, * bla bla bla * , vorrei occuparmi dell’uscita del tuo album solista!” . Io lo guardai e gli chiesi : “Scusa, quale album solista?” e lui disse : “Ah, quello che non hai ancora composto!” .

Dopo quell’episodio ci pensai un po’ e decisi di provare! Tornai a casa, nel mio piccolo studio e registrai un paio di canzoni e provai anche a cantare per la prima volta!

M.: Per la prima volta? Wow! Ascoltando il singolo non mi sembra tu te la sia cavata male, anzi!

T.S.: Oh grazie! Bhe, non sapevo di esserne capace! Era sul serio la prima volta, non lo avevo mai fatto!

Ad ogni modo registrai un paio di canzoni in quell’occasione, per la Universal intendo, ma la cosa non andò in porto. Si fermò tutto a quel paio di pezzi e 2 show, che non andarono molto bene.

Poi un giorno, sempre mentre me ne stavo nel mio negozio, quest’uomo, Scotty, il mio batterista, che si è trasferito in Svezia dalla Nuova Zelanda, venne da me e mi disse : “Sei un ritardato o cosa? Tu devi fare musica! Non puoi startene qui. Devi suonare!” e io gli chiesi : “Bene, quindi cosa dovrei fare secondo te?” e lui rispose : “ Vieni nel mio studio”, lui ha uno studio di registrazione a Göteborg “e ne parliamo!” .

E l’ho fatto! Sono andato nel suo studio, suo e di Dave e abbiamo suonato qualcosa e … suonava! Suonava bene! Sono fantastici questi ragazzi neozelandesi, sono davvero felice di poter lavorare con loro. Se non fosse stato per loro non sarei qui oggi!

M.: Fino a qualche anno fa facevi parte di una band, ora ci sei solo tu e il tuo progetto solista. Com’ è cambiato in questo senso il processo creativo?

T.S.: E’ cambiato tanto! Ora posso suonare qualunque tipo di musica io voglia suonare. Sono il boss! In verità sono sempre stato il boss, ma ora non ho più qualcuno con cui dover discutere e , credimi, è una sensazione stupenda. Comporre musica senza pretese, senza troppe ambizioni , posso suonare la chitarra e sentirmi felice semplicemente suonando.

M.: La storia della musica e del rock è piena di chitarristi, che una volta usciti dalla propria band hanno intrapreso una carriera solista. Uno di questi è sicuramente Slash, che una volta messo da parte i Velvet Revolver, si è dedicato a progetti personali e collaborazioni. Da due album a questa parte, però, ha stretto il legame collaborativo con Myles Kennedy e i Cospirators a tal punto, che sembrano ormai una band a tutti gli effetti. Credi sia per nostalgia di far parte di un gruppo?

T.S.: Ah, Slash… Slash è un tipo socievolissimo, è quel tipo di persona a cui piace semplicemente suonare. Non importa dove lo faccia. Anche quando è a casa e non ha nulla da fare, prende in mano la chitarra, inizia a suonare il suo blues ed è felice così. Quindi non saprei se senta la mancanza di qualcosa, se gli manchi qualcosa. ( sorride)  So solo, che avrei preferito se avesse tenuto il cantante dei Wolfmother come frontman, com’è che si chiamava? (ci pensa un attimo) Andrew Stockdale! Lui mi è piaciuto un sacco nel primo album.

M.: E pensi che possa mai a capitare a te invece? Di sentire la mancanza di una band? Di avere nostalgia di quella, che, in fin dei conti, è come una seconda famiglia?

T.S.: Ah, ma loro sono la mia  famiglia! Siamo una band!

M.: Quindi la situazione è la stessa che vivevi con gli Hardcore Superstar?

T.S.: No. Li considero la mia band, la mia famiglia, ma è l’aspetto lavorativo che cambia, solo quello. Sono io a scrivere i pezzi e sono io ad avere l’ultima parola. Quindi non è una famiglia che mi manca.

Mi mancano gli Hardcore Superstar, invece, a volte. Ma mi mancano le cose divertenti, le cose buone che abbiamo avuto. Poi penso alle cose cattive e allora penso che sia giusto così, che non voglio tornare indietro.

M.: Parliamo un po’ del nuovo album in arrivo. Ne abbiamo avuto un piccolo assaggio col singolo di “Bury the Past”, che suona un po’ come un ritorno all’  “Old time Rock’N’Roll”, quello in cui i suoni elettrici del rock, si fondono col sentimento delle chitarre blues. E’ esatto?

T.S.: Sì e no. C’è indubbiamente del blues nell’album e ovviamente c’è anche del rock’n’roll, ma ogni pezzo è unico.

M.: Ogni pezzo ha il suo suono e il suo genere musicale?

T.S.: Esattamente! Ho suonato ciò che volevo, ciò che sentivo, ho sperimentato, senza concentrarmi su un unico genere musicale. C’è il pezzo più blues, quello più rock’n’roll e quello punk!

M.: Concentriamoci un secondo sui testi delle canzoni: In “Bury the Past” ci racconti della necessità di seppellire il passato e andare avanti. Di che altro ci racconterai nel tuo album?

T.S.: Parlerò delle relazioni. Delle mie relazioni con la mia fidanzata, con la mia ex moglie, i miei ex compagni di band. Parlerò di amore, odio, rabbia …

M.: Sarà una finestra sui tuoi sentimenti degli ultimi anni?

T.S.: Sì. Anzi, per essere precisi sarà un racconto. Ho sentito l’esigenza di raccontare la mia parte in questi ultimi anni. L’album è la mia storia , la mia vita negli ultimi anni. In molti mi hanno chiesto cosa ho fatto nei 7 anni passati, come ho vissuto e perché. “Perché?” , “Perché?” , “Perché?”… Un susseguirsi di “Perché?”. E ora risponderò a tutte quelle domande, perché ora mi sento pronto per raccontarvi la mia verità.

M.: Nel singolo “Bury the Past” tu parli per l’appunto di seppellire il passato, che, a mio avviso, è cosa ben diversa che lasciarselo alle spalle. Nel senso che “seppellire” da un’idea molto più forte, più profonda e ragionata che lasciarlo solo dietro se stessi. Nel passato di una persona però ci sono molte esperienze, emozioni. Di sicuro si sarà sperimentato del dolore, ma anche gioia, ci sarà della tristezza così come ci sarà della felicità. Tenendo presente tutto questo quanto è difficile seppellire il passato?

T.S.: La vita, le relazioni sono fatte di opposti come la tristezza e la felicità. Ma nonostante quella felicità, nonostante quella nota positiva, quelle cose buone, a volte il dolore non scompare e ti risucchia energie. Ti tiene lontano dall’obiettivo, ti disorienta e ti fa perdere il senso del posto in cui ti trovi. Quel poco di felicità non basta, le cose negative ti sovrastano, inizi a pensare solo a quelle e non va bene! Pensare solo alle cose negative, non fa per niente bene. E allora devi reagire, perché nessuno cambia il tuo futuro per te, devi farlo da solo. Quindi anche se difficile, diventa necessario.

M.: L’ultima domanda: Se potessi incontrare te stesso da bambino, cosa gli diresti?

T.S.: Gli direi di trattare le donne come principesse, sempre!

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